aggiornato il 05/01/2014 alle 15:38 da

Conversano, 30 maggio 1921

Nelle elezioni per il Parlamento del 15 maggio, il tribuno conversanese fu candidato nel Psi. Ma nella città natale non poté tenere alcun comizio. Contro di lui si scatenò la ridda di maldicenze in circoli, nelle botteghe che gravavano su piazza XX Settembre e nelle parrocchie. Non furono risparmiate neppure la madre, la sorella e la moglie. Fu raggiunto lo scopo prefisso con ogni mezzo non esclusa la violenza e le minacce. A Conversano appena in 22 lo votarono. Neppure i parenti! Ma nel Collegio di Bari-Foggia ebbe oltre 75000 preferenze e risultò eletto. La pagherà cara. Lasciamo parlare O. Marangelli:

Nelle elezioni del Maggio 1921, per quello che era avvenuto precedentemente a Conversano il socialismo, virtualmente ridotto ai minimi termini, ebbe pochissimi voti e il Di Vagno, che si era presentato candidato, riuscì eletto con appena sei voti della città natia. Ciononostante il giovane tribuno pochi giorni dopo si presentava a Conversano per ringraziare il popolo col favore del quale era stato eletto alla camera…  Annunziò un pubblico discorso per la sera del 30 invitando i suoi compagni di fede e quanti simpatizzavano per lui ad intervenire compatti ad una nuova dimostrazione di forza. Con la sua parola facile e convincente, con la sua presenza aitante, fulminando gli avversari con epiteti di derisione, conquideva il popolo che acclamava entusiasta il deputato concittadino. Naturalmente ai fascisti presenti non potevano suonare graditi quegli appellativi e poi il 25 febbraio, di cui attribuivano la colpa al Di Vagno, era di fresca memoria. Minacciando poi il neo deputato per non voler smettere quel tono esasperante, si incominciò a disturbarlo con voci ostili al suo indirizzo. […] Di Vagno fu fatto scendere dal tavolo su cui parlava, e fra urti e spintoni, fra gli strilli e gli urli poté mettersi in salvo, mentre la lotta tra i cittadini si inaspriva e la forza pubblica era incapace di contenere la marea. Il sole calante mandava i suoi ultimi raggi, come ad accarezzarli nel bacio della morte, a due che colpiti a morte erano stramazzati al suolo: il fascista Emilio Ingravalle e il socialista Cosimo Conte. (Marangelli 1931:80)

Secondo altra versione il comizio si svolse in tutta calma con l’oratore che aveva toni concilianti. Sembrerebbe che Di Vagno avesse appagato la sua ambizione con l’elezione a deputato, dando ragione ai suoi detrattori. Con un buco tra la fine del discorso e l’arrivo a casa del deputato accompagnato dalle forze dell’ordine.

Quella di Marangelli è la più bella pagina in cui viene descritto un giovane gagliardo che va a sfidare, nella tana del lupo, quelli che saranno poi i suoi aguzzini. Per bocca di Di Vagno sfoga il suo rancore verso i fascisti. A noi appare più plausibile quest’ultima.

Il povero giovane Emilio Ingravalle che si prodigava per pacificare gli animi fu ucciso, pare, da fuoco amico della squadraccia di Caradonna. Il bracciante Cosimo Conte, inseguito e bastonato, fu finito, con una pistolettata sparatagli a bruciapelo quand’era a terra, da Michele Fanelli di Conversano. Era tra i più attivi nello sciopero del 25 febbraio contro i preti. Lasciava moglie e sei figli.

 

Anche la causa di tali crimini fu attribuita all’on. Di Vagno. Benito Mussolini, il 2 luglio sul Popolo d’Italia propose alle forze politiche un patto di pacificazione che sarà accettato dai socialisti il 2 agosto. Violante dice che Di Vagno era contrario.

Il processo svoltosi a Bari, il 21 novembre 1922, mandava tutti assolti compreso Michele Fanelli, detenuto, imputato dell’omicidio di Cosimo Conte. 

Nel processo ripreso presso la Corte di Assise di Bari il 12 ottobre 1945, Michele Fanelli, contumace, riportò una condanna a 15 anni. La Suprema Corte, dietro ricorso del predetto, il 15 luglio 1948 accoglieva la tesi dell’omicidio preterintezionale che prevedeva l’amnistia. 

© Riproduzione riservata 05 Gennaio 2014

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