aggiornato il 07/11/2024 alle 15:10 da

Un forno crematorio al cimitero

Un forno crematorio da realizzare presso il cimitero di Conversano. La proposta, protocollata nei giorni scorsi in Comune, è stata avanzata da una società riconducibile al gruppo Urciuoli, una famiglia campana già impegnata in progetti simili con alcuni imprenditori calabresi. La società avrebbe presentato in municipio una proposta di project financing destinata a suscitare un acceso dibattito in città. L’asse imprenditoriale campano-calabrese intende gestire la cremazione delle salme, offrendo al Comune di Conversano diversi vantaggi con il fine di ottenere la concessione per aprire il forno. Non si comprende bene quale sia la portata dei benefici proposti al Comune, dove qualcuno, a mezza voce, fa sapere a Fax che si tratta di un progetto “particolarmente complesso”. Al momento la prima certezza è la collocazione prevista per il forno, che sarebbe allestito presso il Cimitero, a circa cinquecento metri in linea d’aria dal Castello Aragonese. Una location che non sembra essere proprio quella ideale. I turisti, dopo aver visitato mostre d’arte come quella dedicata a Chagall uscendo dal Castello, rivolgendo lo sguardo verso il mare, scorgerebbero la ciminiera che incenerisce bare e salme. Respirando, assieme ai conversanesi, i fumi tossici generati dall’impianto. La società proponente La Urciuoli Holding, con sede a Rossano Veneto, in provincia di Vicenza, è socia di maggioranza della Urciuoli Cremazioni, specializzata in cremazioni. Attualmente, il suo unico impianto si trova in Calabria, a Carpanzano, in provincia di Cosenza. Il gruppo societario sembra voler replicare l’esperienza calabrese a Conversano, con una differenza sostanziale: Carpanzano, a fine 2022, contava soltanto 205 abitanti secondo i dati ISTAT. Un piccolo centro quasi spopolato, situato a 600 metri di altitudine nel promontorio calabrese, abitato evidentemente da una popolazione molto anziana. Un contesto che non può essere paragonato a quello conversanese. La nostra città si sta affermando con vivacità in contesti nazionali ed internazionali grazie ad un’offerta turistico-culturale di qualità. Una linea di sviluppo che appare in contrasto con il business della cremazione. E sono già in molti a chiedersi se effettivamente Conversano abbia necessità di un forno del genere? Ci si chiede come mai il gruppo campano-calabrese abbia scelto di investire proprio nella nostra città. E quali siano i fattori strategici e imprenditoriali che abbiano favorito la nascita di un progetto così complesso, in un territorio particolarmente sensibile alle tematiche ambientali, che ha vissuto le vicende di contrada Martucci. Come può una città, che ha già manifestato il proprio dissenso ad un termovalorizzatore, accettare un forno crematorio a pochi metri dal centro della città? La pericolosità dei forni crematori. La temperatura di un forno crematorio raggiunge gli 800-1000°C e l’incenerimento di una salma, inclusi bara, vestiti ed eventuali accessori, produce diverse sostanze tossiche: particolato fine e ultrafine, monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto e zolfo (NOx, SO2), composti organici volatili (COV), composti inorganici di cloro e fluoro (HCl, HF) e metalli pesanti. Inoltre, vengono emessi mercurio (dalle otturazioni dentarie), zinco (soprattutto dalle cremazioni di tombe estumulate), diossine-furani (PCDD/PCDF) e IPA, con particolare attenzione all’emissione di diossine-furani, note per la loro alta tossicità. In Comune qualcuno rassicura, sottovoce, che il progetto difficilmente verrà approvato, sia per la sua complessità sia per le perplessità interne alla stessa maggioranza. Martedì scorso si è tenuta una riunione di maggioranza per discutere il progetto, ma al momento nessuno sembra disposto a rilasciare dichiarazioni pubbliche sul tema. Forse qualcuno, con la storia del forno, teme di scottarsi.

© Riproduzione riservata 07 Novembre 2024

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