Un fallimento, una masseria e due procedimenti giudiziari sono gli ingredienti della intricata vicenda giudiziaria che vede al centro la compravendita della Masseria del Monte e dell’annesso latifondo, di poco più di 42 ettari che si sviluppano su una collina tra Conversano e Cozze. L’immobile, alla fine degli anni ’90 fu acquistato dalla FIMCO del Gruppo Fusillo di Noci che, dopo esserne divenuta proprietaria, ottenne una variante urbanistica che consentiva la realizzazione di un parco a tema, una tipologia di impianto sui cui in quegli anni si puntava molto per potenziare l’offerta turistica della nostra regione. Per quella che per tutti i conversanesi è contrada “Monte” l’investimento della FIMCO rappresentò all’epoca un’occasione importante per rilanciare e sottrarre dal degrado la zona residenziale che, da sempre, fa i conti con questioni di sicurezza e degrado. Per la struttura era già pronto anche il nome “Elementa”, che richiamava il tema del parco che fondava il progetto sulla declinazione ludica di cinque elementi (legno, terra, fuoco, metallo e acqua). Con il passare degli anni, tuttavia, i parchi a tema hanno dimostrato di non essere un business così interessante, così come veniva prospettato dagli analisti agli inizi degli anni ’90. Il naufragio, poi, di progetti imprenditoriali simili messi in campo da altre aziende che avevano investito nel tarantino, raffreddò definitivamente l’entusiasmo della Fimco che sospese l’esecuzione del progetto. Il terreno rimase così per molto tempo incolto. Nel frattempo la proprietà dello stesso passò alla Maiora Group Spa, altra società del Gruppo Fusillo. Le condizioni di degrado imponevano, praticamente ogni estate l’intervento dei vigili del fuoco chiamati a spegnere gli incendi dell’erba secca che continuava ad accumularsi nel campo. Fino a quando nel 2017 la proprietà non fu concessa in fitto alla società agricola, la Masseria Del Monte costituita nello stesso anno da Alessandro Venerito, figlio di Donato ex Direttore Generale della Bcc di Conversano e da Orlando D’Attoma, figlio di Michele commerciante ortofrutticolo e consigliere di amministrazione della stessa BCC. I due giovani soci ebbero accesso, con il possesso del terreno, al premio di primo insediamento e ad altre provvidenze concesse ai giovani che investono in agricoltura previste del Piano di Sviluppo Rurale. Alla sottoscrizione si arrivò dopo una lunga trattativa ed il superamento da parte del venditore di parte dei numerosi vincoli che insistevano sui terreni interessati da limitazioni legate a tutele archeologiche, paesaggistiche e, non ultimo, alla classificazione dell’intero appezzamento classificato come “incolto sterile”, dunque improduttivo ed inutile per la gestione agricola. Limiti e vincoli che, per 15 ettari, la parte venditrice riuscì ad eliminare rendendo parzialmente utile il compendio immobiliare allo sviluppo di un’azienda agricola. Una condizione che consentì, così, la sottoscrizione del contratto di affitto e l’insediamento in agricoltura dei due giovani. Nello stesso anno, l’immobile fu poi acquistato al prezzo di 500mila euro, valore stabilito dalla perizia giurata del tecnico nocese Nicola Trisolini. A poco più di due anni dalla compravendita, la Maiora Group Spa fu interessata da una sentenza di fallimento ed i curatori fallimentari, ripercorrendo le vicende che portarono al dissesto della società, ritennero che la vendita della Masseria del Monte fosse avvenuta in danno dei creditori per la notevole differenza rilevata tra il valore iscritto in bilancio e quello al quale fu ceduta. Il valore del bene ceduto, infatti, in bilancio era trascritto per l’importo di 6,5 milioni di euro. Per questa ragione i curatori attivarono le procedure per poter ottenere una revocatoria ordinaria dell’atto di vendita nella convinzione che il valore commerciale dell’immobile coincidesse con quello iscritto in bilancio. La Curatela sostenne che, oltre al presunto valore inferiore al quale fu venduto il bene, vi fossero elementi che avrebbero, in qualche modo, potuto generare negli acquirenti la consapevolezza del fatto che la Maiora Group fosse in difficoltà economiche. Per sostenere tale ipotesi, si faceva rilevare che i genitori dei soci, nelle proprie funzioni di DG e consigliere della BCC, nei mesi precedenti alla compravendita della masseria, nel febbraio del 2017, avevano finanziato una società del Gruppo Fusillo, la SOGEI, con un mutuo di 2,8 milioni di euro. Sulla scorta di questa tesi la Procura avviò un’indagine con ipotesi di reato che spaziavano per gli indagati, a vario titolo, dalla bancarotta fraudolenta all’usura. L’accusa si fonda sulla presunta svendita del bene che avrebbe generato un vantaggio indebito per le famiglie Venerito e D’Attoma e distratto il patrimonio della società fallita in danno dei creditori. Lo scorso 17 settembre, tuttavia, i giudici della Quarta Sezione Civile del Tribunale di Bari hanno stabilito che il prezzo della vendita della masseria è congruo e che “Il convincimento dell’assenza di consapevolezza di arrecare un pregiudizio ai creditori della Maiora Group s.p.a. – dicono i giudici del Tribunale Civile – in capo ai rappresentanti legali della Masseria del Monte Società s.s. emerge anche dalla circostanza, già addotta, per cui nel 2017 la Maiora Group s.p.a. si presentava come una delle realtà economiche tra le più floride del territorio. Infatti, anche dalla lettura del bilancio al 31.12.2016, approvato il 10.7.2017 e depositato, quindi reso pubblico, il 4.8.2017, emergeva una situazione di piena continuità aziendale come dimostrato da un utile di esercizio di oltre un milione e quattrocentomila euro e un patrimonio netto positivo di oltre 22 milioni di euro”. La FIMCO s.p.a., prima di cederlo a Maiora Group, acquistò la quasi totalità del suolo con atto del 23.11.2000 al prezzo di € 1.471.902,16, e la restante parte nel maggio del 2022 per il prezzo di € 5.693,93. In definitiva, come già esposto, il suolo fu acquistato negli anni 2000 – 2002 al prezzo complessivo di 1.477.596,09 euro. Un prezzo che, nel corso della trattativa tra la FIMCO ed i proprietari precedenti, fu condizionato anche dall’esistenza di un preliminare di vendita sottoscritto tra questi ultimi ed un altro acquirente, un imprenditore agricolo di Rutigliano che aveva già comprato gli stessi terreni per la cifra di circa 750mila euro. Accordo mortificato dai venditori che accettarono il pagamento di un prezzo raddoppiato offerto dalla FIMCO. Una parte del denaro pagato dalla società nocese servì ai venditori per indennizzare l’imprenditore agricolo rutiglianese per la mancata vendita. Secondo i giudici del Tribunale Civile il costo originario di acquisto dell’immobile da parte della Fimco di euro 1.471.902,16 “pur volendolo ritenere – dice la sentenza – noto ai rappresentanti legali della Masseria del Monte Società s.s., non può di certo essere preso a parametro di confronto con quello di euro 500.000,00 convenuto con il contratto di cui si discute del 18.12.2017, poiché va sottolineato, come pure ritenuto dai CCTTU, che la FIMCO s.p.a. si era resa disponibile a pagare l’intero compendio immobiliare a quel prezzo in presenza di un preliminare già stipulato dai promittenti venditori e avendo interesse la FIMCO s.p.a. “nel business connesso alla realizzazione del Parco a Tema, concretizzatosi con l’istanza di rilascio di concessione edilizia del 19 giugno 2000 in variante al PRG vigente per la sua costruzione” che però, come visto, pur dopo molti anni non aveva visto la luce nonostante la forza imprenditoriale della FIMCO s.p.a.”. La ARC Real Estate spa, tra le più importanti società specializzate a livello nazionale per la valutazione degli immobili offerti in garanzia richiesta dalla BCC di Conversano, a fronte della concessione dei finanziamenti, ha valutato il compendio immobiliare in questione per un importo ancora inferiore a quello della compravendita, e cioè di euro 279.000,00 quale valore complessivo all’epoca dell’acquisto ed in euro 454.000,00 al tempo della perizia risalente al 2.1.2021, tenuto conto delle migliorie apportate dalla società agricola Masseria del Monte. Ma la ARC Real Estate non fu l’unica società specializzata a periziare il bene, che fu sottoposto a valutazione anche da parte di Prelios, importante società alla quale Cassa Centrale Banca Credito Cooperativo Italiano S.p.a. chiese una stima della masseria e dei terreni. Prelios stimò in 440mila euro il valore della masseria, con i 42 ettari. Anche per questa ragione la Quarta Sezione Civile del Tribunale di Bari, ha rigettato la domanda di revocatoria avanzata dalla Curatela del Fallimento Maiora Group s.p.a. condannandola alle spese processuali del giudizio di merito in favore della Masseria del Monte Società Agricola s.s. liquidate in euro 10.860,00 per compenso professionale, oltre IVA e CAP come per legge, nonché rimborso forfettario delle spese generali in ragione del 15% sull’importo del compenso. La Curatela è stata inoltre al pagamento delle spese processuali del giudizio cautelare in favore della Masseria del Monte Società Agricola s.s. liquidate in euro 4.689,00 per compenso professionale, oltre IVA e CAP come per legge, nonché rimborso forfettario delle spese generali in ragione del 15% sull’importo del compenso. Oltre che delle spese di CTU. Concluso il processo civile, resta in piedi la questione penale. Nei giorni scorsi è stato emesso un provvedimento di conclusione delle indagini preliminari. I magistrati dovranno esprimersi sulle eventuali responsabilità e sulle ipotesi di reato. I protagonisti della vicenda puntano, evidentemente, a far valere il peso della sentenza civile, nella quale sono state accertate la congruità del prezzo pagato per l’acquisto della masseria e la buona fede degli acquirenti.
Masseria del Monte, il Tribunale Civile nega la revocatoria
© Riproduzione riservata 04 Novembre 2023
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