Ascoltare Tiziana Fanizzi, amministratore unico della società dei supermercati IMAGROSS e IMA, è un’esperienza che lascia il segno. Quando arrivi negli uffici della società ti aspetti di trovare una manager che, come tutti, è concentrata sui numeri e proiettata nella fredda dimensione della difesa di quote di mercato. E, invece, scopri che c’è ancora qualcuno che tenta di conciliare l’etica con il business, atteggiamento che nel mondo della grande distribuzione sembra ormai solo di facciata. Ma Tiziana è li, in quell’ufficio nel quale è entrata qualche anno fa in un momento particolarmente impegnativo della sua vita familiare e professionale e nel quale ha raccolto il testimone della sua famiglia. Un testimone che piano piano ha assunto la dimensione di una missione nella quale la Imagross ha sempre più consolidato ed esaltato i valori della famiglia Fanizzi, che da sempre mette al centro il Lavoro e le Persone. Il Gruppo, che ha avviato il suo percorso dal sogno della bancarella di Antonio e Giovanna Fanizzi, oltre trent’anni fa, oggi è un’affermata realtà imprenditoriale che guarda al futuro navigando nell’oceano sempre più burrascoso della media e grande distribuzione. E lo fa in un’ottica di rinnovamento, ma senza perdere mai di vista il suo progetto originario. Tiziana è l’Amministratore della società dal 2016, e dal 1 gennaio di quest’anno è diventata il nuovo Direttore Generale. Un incarico che si sostanzierà in una nuova distribuzione dei carichi lavorativi all’interno dell’organizzazione, per affrontare il futuro con più efficienza. Perché il Gruppo Imagross investe, e continua a creare valore, nelle comunità in cui presta servizio e per le persone che in questa realtà imprenditoriale ci hanno sempre creduto e continuano a crederci.
Dottoressa Fanizzi, come va?
Siamo sempre ottimisti. Va bene. I risultati dell’ultimo anno rispetto al 2020 sono migliori. Ma è bene confrontarli con il 2019, perché il 2020 è un anno che non fa testo per svariate ragioni. La società sta “tenendo”, nonostante il periodo non facile. Vede, le abitudini di spesa sono cambiate in maniera profonda. La gran parte dei consumatori tende a frequentare meno spesso i punti vendita e a fare un po’ più scorta. Il nuovo equilibrio non si è ancora assestato definitivamente. Seguiamo gli sviluppi giornalmente per essere pronti ad accompagnare l’evoluzione della situazione.
La preoccupano gli scenari previsti per il 2022?
Il 2022 per noi sarà indubbiamente un anno nel quale saremo chiamati a prendere delle decisioni strategiche importanti. L’indipendenza, intesa come assenza di subordinazione ad altri distributori più grandi, o ad un’insegna diversa dalla nostra storica e dalla nuova nata, è sempre stata il segno distintivo più speciale della nostra condizione. Ma andare avanti “da soli” può essere ormai considerata un’utopia. Anche se le scelte possibili, sostanzialmente, sono due: farsi assorbire da realtà più grandi, snaturando le proprie radici e rinunciando, nel nostro caso, alla nostra meravigliosa storia di gente del paese che costruisce qualcosa di importante per le Sue città, oppure in alternativa la scelta di stringere alleanze con aziende che sono nella nostra stessa situazione, e cercare il supporto di quella stessa gente di città, che deve ad un certo punto scegliere di partecipare alla Resistenza, o lasciarsi abbagliare da un marketing raffinato che si affanna sempre più a camuffare il volto di realtà gigantesche in aziende interessate al bene dei loro clienti. E’ una storia così articolata che ci vorrebbero decine di pagine per raccontarla. Magari, chissà, quando avrò il tempo di farlo, lo farò.
Quanto è costato il 2020?
Tantissimo, in termini economici. L’onda anomala di maggiori ricavi dovuti al “panic buying”, ovvero l’accaparramento alimentare compulsivo, che ci ha investito nei mesi di marzo e aprile a causa del Covid, è stata seguita da una risacca di costi non preventivati: spese per la sicurezza dei nostri collaboratori e dei nostri clienti, e costi connessi alla prolungata chiusura del negozio in ristrutturazione, in particolare quelli derivanti dalla scelta di non mettere in cassa integrazione il personale del negozio chiuso nei nove mesi di prolungata inattività. Questo ha determinato un risultato di chiusura d’anno negativo, una perdita che però abbiamo immediatamente coperto investendo, anche con mia sorella, che ci tengo a ringraziare per questo, i nostri personali risparmi, per rimanere ancorati al terreno nell’attesa che il peggio passasse. Abbiamo investito, e continuiamo ad investire ogni giorno, tutto quello che abbiamo, come fanno i nostri dipendenti nelle loro postazioni di lavoro. Noi siamo un’azienda fatta di Persone che si impegnano costantemente e che quando vanno a lavoro, è come se andassero in trincea. L’obiettivo, comunque, entro la fine di quest’anno, è stabilizzare la situazione e migliorare le condizioni di vita di tutti noi, che ce le sogniamo di notte le cose che dobbiamo fare. Ma vede, il punto non è questo. Dovremmo chiederci tutti in che direzione sta andando il mondo della distribuzione, specie quella di prodotti alimentari.
In che senso?
Mi chiedo spesso se i consumatori siano realmente consapevoli del lavoro e del percorso che si deve fare per assicurare la presenza di un prodotto sullo scaffale ad un certo prezzo. La nostra azienda è nata da una bancarella, non mi stancherò mai di ripeterlo, da che ne sono orgogliosa. Ha l’immagine di una media impresa, ma il suo cuore è il nostro, un’esperienza commerciale che mette la persona al centro. Può sembrare una frase fatta, tuttavia nei nostri negozi si respira un’aria famigliare nella quale è evidente la forza di una relazione che sa andare oltre i numeri e che, soprattutto, sta dalla parte del cliente. Sono i nostri Clienti che la fanno andare avanti e crescere. E’ il cliente che affida ad “Imagross” il suo tempo, che sceglie “Imagross” per fare la spesa tutto l’anno e che merita, in qualche modo, il premio dei buoni risultati che si conseguono, esattamente come lo meritano i collaboratori che rendono tutto questo possibile.
Che cosa intende dire…
Che il mondo della grande distribuzione è la cerniera che unisce l’industria, la produzione, ai consumatori. Ebbene, in questo senso, è facile vedere come la grande distribuzione abbia, con il tempo, perso la sua funzione primaria di intermediazione vendendo l’anima alla produzione industriale, fino a considerare il cliente marginale, una sorta di mucca da mungere. Uso dei termini forti perché sono amareggiata da alcune tendenze in atto nel settore in cui lavoro, che in alcuni casi e sempre più spesso “stritola” la piccola e media distribuzione e determina che per rimanere sul mercato, anziché premiare dipendenti e clienti, dobbiamo pagare per assicurare il prezzo sullo scaffale che ci permette di arrivare alla fine del mese per tutti. Con sacrifici che chi non lavora nella piccola distribuzione o non è un parente, non può capire fino in fondo. Il sempre maggiore consolidamento dei rapporti commerciali tra grande distribuzione e industria, animati peraltro da dinamiche molto complesse e da tanti, troppi, passaggi di intermediazione, sta determinando anche lo spostamento del consumatore verso situazioni nuove e scintillanti, e sempre più spesso gli acquisti non vengono fatti più nell’interesse dalla famiglia ma a beneficio di una logica tutta commerciale.
Che cosa sta facendo la sua società per arginare il fenomeno?
Stiamo facendo quello che abbiamo sempre fatto, ossia comunicare con i nostri clienti. Non con operazioni spot. Ma chiamandoli per nome e dando loro un’offerta che possa soddisfare i loro bisogni, anche se questo, talvolta può esporci a tensioni con il mondo della produzione. Se il prodotto non è di qualità o ha dei difetti noi lo contestiamo senza mezzi termini. Per anni nel nostro mondo la concorrenza si è fatta solo attraverso il prezzo. Oggi questo non basta più. In un sistema così competitivo, diventa essenziale la qualità dei servizi e il dialogo con il cliente. Noi siamo distributori che espongono prodotti creati dagli altri. Abbiamo il dovere di portare “in alto” la voce del nostro cliente.
Basta entrare nei vostri negozi per capire che il dialogo con il cliente non manca, ma sul fronte prezzi come può una realtà come la Imagross rimanere competitiva di fronte a colossi internazionali della distribuzione?
Come accennavo prima, una buona soluzione potrebbe essere prendere in considerazione la possibilità di chiudere accordi con altri che condividono la nostra volontà di resistere, all’insegna di un’indipendenza che non è solo, perdona il gioco di parole, “mantenere la propria insegna”, ma è prendere decisioni a tutela dei consumi dei nostri clienti, dei nostri familiari, di noi stessi tutti. Nel 2018, abbiamo costituito un consorzio per potenziare la nostra forza di acquisto. Si chiama Scudo e coinvolge altre aziende come la nostra che possono sostenere assieme acquisti per qualche centinaio di milioni di euro. Il mio personale sogno, però, è molto più vicino a casa. E chissà che un giorno non riceva quella chiamata che da mesi sto aspettando, da qualcuno con una storia tanto simile alla nostra.
Che cosa c’è, dunque, nel futuro di Imagross?
Questa è una bella domanda. In un mondo che cambia così velocemente mi piacerebbe avvicinare sempre più i consumatori alla nostra società, coinvolgendoli attivamente. Intanto, nel futuro della nostra realtà c’è una riorganizzazione profonda, che continua a mettere le Persone al centro. Sto lavorando ad un progetto complesso: Sarebbe bello dare un ruolo attivo ai consumatori anche nelle scelte strategiche che orientano le decisioni di un’azienda come la nostra. Il messaggio che deve passare è che nel momento in cui, con le grandi imprese, la distanza tra il prodotto che arriva sulle nostre tavole e chi lo produce diventa abissale, “Imagross” vuole essere l’impresa che, nel mezzo, combatte per il cliente. E lo fa nonostante il nuovo scenario, perché è quello che sente come giusto. Il nuovo motto è “Insieme Miglioriamo Ancora”. Insieme alla gente, che deve essere considerata e coinvolta nei momenti di difficoltà ma anche in quelli di opportunità.
Lei è giovane, lavora dalla mattina alla tarda serata, compresi i giorni festivi. Chi glielo fa fare?
*Sorride* Io faccio oggi un pezzettino di più perché è Giusto. Quest’azienda mi ha dato la possibilità di studiare per essere un consulente, e provo un’inarrestabile senso di responsabilità e riconoscenza nei confronti di chi, da tanti anni, dentro ci lavora. Ha significato tanto per me anche e soprattutto a livello personale: allontanamento di affetti, perdita del sonno, continua e frenetica rincorsa dell’informazione e del confronto. Io rispetto profondamente la storia di quest’Azienda, che in parte è quella della mia famiglia, e di certo non è sempre stata felice. Mio padre ha lasciato la sua vita in un supermercato. Non è giusto che cose come questa succedano, tutti noi meritiamo innanzitutto la serenità. E’ la mia missione, il mio faro, la mia vocazione. Come tutti i Fanizzi, da sempre grandissimi lavoratori. E il rispetto si riflette nell’amore per le persone. Sento forte il dovere di difendere la nostra comunità ed il rapporto speciale che da oltre trent’anni scandisce i piccoli grandi gesti del nostro quotidiano. Con la speranza che alla domanda, “Dove stai andando a far la spesa?” la risposta di sempre più Persone possa essere “da IMA”. Il MIO negozio di Fiducia.
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