NOCI – Durante la serata di domenica 18 novembre in molti hanno apprezzato il carisma letterario di Carmine Abate, vincitore della cinquantesima edizione del prestigioso Premio Campiello, con il romanzo intitolato “La collina del vento”edito da Mondadori. Grazie ai componenti dei Presidi del libro di Noci l’autore originario di Carfizzi – un piccolo paese in provincia di Crotone – ha raccontato nel Chiostro di San Domenico, l’urgenza del proprio scrivere. Condotto dal valore affettivo della promessa fatta a suo padre in punto di morte, l’io narrante ha consegnato al lettore una grande eredità fatta di storie intrise di realismo lirico. La saga della famiglia Arcuri si snoda attorno alle pendici del Rossarco, in una zona collinare realmente esistente tra Cirò Marina e Campizzi, circondata da sgargianti fiori purpurei di sulla, scrigno di inestinguibili ricordi. La sacralità del luogo, sempre accompagnato dall’impeto del vento e ad un certo punto violato dall’intento conoscitivo dell’archeologo trentino Paolo Orsi, alla ricerca dell’antica città sommersa di Krimissa, continuerà ad essere custodita da uno dei componenti della famiglia Arcuri: Michelangelo. Ma sarà Rino, il più giovane della famiglia, che peraltro incarna la vicenda biografica dell’autore, a rendere omaggio alla memoria avita, raccontando passo dopo passo l’intrecciarsi delle vicende storiche dell’Italia con gli accadimenti privati della famiglia Arcuri, guidata dalla saggezza del patriarca Alberto. Le vicissitudini del periodo postunitario, gli eventi bellici della Grande Guerra, gli anni del Fascismo e gli anni speranzosi della Liberazione, si dipanano lungo le righe di quello che potrebbe essere definito un romanzo di formazione. Un romanzo corale in cui i personaggi diventano persone con una propria autonomia, dotate di libero arbitrio e che prendono parte alla misteriosa vicenda inscenata da Carmine Abate, il quale non esita a definirsi un affabulatore. All’interno del capolavoro della letteratura italiana del momento, riaffiorano i temi forti della poetica dell’autore dalla lunga carriera letteraria: la tradizione culturale arbёreshё, propria della minoranza etno-linguistica degli albanesi d’Italia e l’emigrazione. Quest’ultima, considerata come la costrizione di partire alimenta, secondo l’autore, il cosiddetto “vivere per addizione” che induce a cogliere il meglio del proprio mondo d’origine per sentirsi a casa propria ovunque.
I Presidi ospitano il premio Campiello
© Riproduzione riservata 22 Novembre 2012
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