aggiornato il 01/08/2024 alle 13:00 da

Alessia Morea, una voce dalla Palestina

«In Palestina c’è tanta rassegnazione. In molti attendono solo di morire». A descriverci la situazione in Medio Oriente è la putignanese Alessia Morea, 27 anni, laureata in lingue e operatrice umanitaria per l’ONG milanese Pro Terra Santa a Betlemme. «Noi siamo una cittadina più tranquilla, ma l’esercito entra ed esce quando vuole. Soprattutto nei campi profughi ci sono controlli serrati degli israeliani, nonostante ci troviamo in Cisgiordania loro fanno da padroni. La situazione si è fortemente deteriorata. I crimini sulla popolazione palestinese, l’uso della detenzione amministrativa, le torture e altri trattamenti degradanti (anche a danno dei minori) e in generale la violazione dei diritti umani fondamentali da parte della forza di polizia e militare e dei coloni israeliani sono in esponenziale aumento. La popolazione palestinese si trova in questo momento a vivere in condizioni di estrema vulnerabilità socio-economica, accompagnata da sentimenti di paura, precarietà e stress dovuto sia alla violenza della guerra sia alla perdita delle fonti di reddito per chi lavorava nel settore turistico, principale fonte economica a Betlemme, o aveva permessi per lavorare in Israele. Si contano molti morti anche in Cisgiordania e si registrano molti più casi di detenzione amministrativa, di aggressioni da parte dei coloni israeliani, di intimidazioni e di violazioni di domicilio. Quasi quotidianamente avvengono raid all’interno dei campi rifugiati di Gerusalemme Est e della West Bank (Cisgiordania). Le restrizioni per gli spostamenti si sono intensificate: molte strade di accesso alle città palestinesi sono state bloccate da barriere di sassi e blocchi di cemento e la maggiorparte dei checkpoint restano chiusi, aumentando ulteriormente l’isolamento delle comunità più marginalizzate. In aggiunta, molti servizi di base, tra cui le attività scolastiche, non sempre possono essere garantiti a causa sia dell’impossibilità a muoversi delle famiglie e degli insegnanti o ai frequenti scioperi. Tutto ciò sta determinando l’emergere di bisogni emergenziali, il deterioramento della salute fisica e mentale e la crescente necessità di aiuti umanitari a supporto della popolazione palestinese di Gaza, Gerusalemme Est e della Cisgiordania. Certo, è da riscontrare che c’è una maggiore fiducia nei confronti di Hamas che viene vista come l’unica forza politica, perché di questo si tratta, che è riuscita ad attaccare uno stato con un’intelligence da paura come Israele», spiega a Fax Morea, che ora si trova in Italia per il periodo di ferie. Il suo impegno a Betlemme si è concentrato in questo primo anno nell’attività di insegnamento di italiano nel seminario e nelle scuole, mentre l’ONG sta garantendo in Palestina assistenza medica e sociale, vocational training e orientamento al lavoro, programma di riabilitazione e, a Gaza, assistenza alla popolazione locale insieme alla parrocchia Latina di Gaza City e alla Caritas di Gerusalemme, nonostante le difficoltà per far arrivare le risorse di qualsiasi tipo. L’organizzazione, inoltre, a settembre avvierà un progetto scritto proprio da Alessia e intitolato “Diventiamo grandi insieme. Sostegno ai bambini di Betlemme”. «Si tratta di un progetto che coordinerò e che va a sostegno dei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento nella scuola Terra Santa College. È previsto un corso di formazione per docenti e genitori che si terrà nel mese di settembre, più una collaborazione con i tirocinanti laureandi dell’università di Betlemme che affiancheranno i docenti della scuola nella creazione dei programmi didattici personalizzati. Un’iniziativa molto innovativa perché in Palestina i bimbi con DSA frequentano scuole “speciali” per bambini con disturbi o vengono lasciati indietro. Bisogna anche dire che ci troviamo in un momento (purtroppo) fortunato dal punto di vista economico, l’attenzione mediatica sulla situazione geopolitica ha aumentato il numero di donazioni per la Palestina, permettendo la creazione di nuovi progetti», continua Morea. In generale, ci spiega la putignanese, la situazione è singolare: «Da noi non c’è quasi più vita. Betlemme, che vive di turismo e pellegrinaggi, è in forte difficoltà economica, in molti perdono il lavoro. Basta andare dall’altra parte, però, per vivere in un mondo surreale. In Israele sembra che nulla stia accadendo, tutto procede come prima del 7 ottobre. Sulle ragioni dell’attentato ci sono diverse idee ma nulla di ufficiale al momento. Certo è che non abbandoneranno la striscia di Gaza fino a quando non raderanno tutto al suolo. Bisogna anche dire che c’è una realtà che non viene raccontata. Ci sono città palestinesi che sono bombardate da molto prima del 7 ottobre e delle quali non si è mai parlato», ci spiega, confidandoci anche che lo spirito «è di rassegnazione. Si aspettano gli sviluppi anche delle altre Nazioni a noi circostanti, ma non si ha fiducia neppure nelle trattative di pace, sono tutte sabotate. Se c’è una cosa che per me rappresenta una grande sconfitta di questa situazione è la completa inefficienza degli organismi internazionali. Nessuno ha avuto la forza di fermare le brutalità, si è constatato il fallimento degli organismi ONU». Ma la situazione palestinese è una realtà attiva da molto prima del 7 ottobre scorso, fatta di decenni di convivenza in due stati pieni di controsensi e un popolo, quello palestinese, diviso tra Cisgiordania e Striscia di Gaza, contro una Nazione che «non ha un’identità nazionale precisa, gli abitanti di Israele sono tutti forestieri». Per comprendere meglio questa situazione, tuttavia, Alessia ha organizzato per lunedì 29 luglio un incontro di approfondimento sulla questione medio-orientale. L’appuntamento è fissato alle ore 20 nel chiostro della biblioteca comunale per la visione di alcuni cortometraggi, concessi da “Nazra. Palestine Short Film Festival”, che mostreranno la situazione palestinese anche prima del 7 ottobre, seguiti dall’intervento di Mohammed Afaneh, presidente della comunità palestinese di Puglia e Basilicata. L’evento, intitolato “Voci dalla Palestina”, sarà un momento significativo di arricchimento culturale, per conoscere nuovi dettagli sulla controversa situazione medio-orientale che aiuterà a farsi un pensiero proprio sulla pace in Terra Santa. Laddove di Santo rimane solo il nome e gli altri luoghi vicini a una predicazione di pace e fraternità anni luce lontana dalle brutalità che si stanno commettendo nella striscia di Gaza. Giacomo Petrosillo

© Riproduzione riservata 01 Agosto 2024

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