PUTIGNANO – A pochi giorni dal premio conferito al Carnevale di Putignano dal ministro Brambilla, il direttore artistico della manifestazione, Carlo Bruni, ha inviato in esclusiva alla nostra redazione la nota “Essere Patrimonio d’Italia”, che di seguito pubblichiamo.
“Non amo enfatizzare i successi né drammatizzare i fallimenti. Per chi come me si occupa di progetti culturali, è chiaro quanto il prodotto sia solo uno degli indicatori utili alla valutazione di un percorso. Così, vorrei cogliere l’attribuzione del prestigioso titolo di “Patrimonio d’Italia”, che il Ministero del Turismo ha voluto accordare al Carnevale di Putignano, come un’occasione per riflettere sul lavoro svolto.
Partirei da una premessa fondamentale: le tre leve scelte due anni fa con
Lanciata, l’idea che Putignano sia porta d’accesso alla Valle d’Itria, s’è radicata nel linguaggio mediatico, mettendo in luce potenzialità elementari quanto trascurate, che hanno già iniziato a produrre contagio, interesse, presenze. Il Carnevale di Putignano oggi, soprattutto sul piano della destagionalizzazione, occupa un ruolo fondamentale nel piano di sviluppo vincente che
Per quanto riguarda la festa, con esiti contraddittori, su cui incide inesorabilmente la meteorologia, il Carnevale di Putignano manifesta potenzialità enormi che credo e spero, siano rimaste nella memoria di chi ha partecipato all’edizione di quest’inverno e a quella della scorsa estate (non altrettanto posso dire degli ultimi “Giganti” funestati dal temporale). Due occasioni in cui è stata evidente, anche grazie ad espedienti semplici, come la riduzione delle transenne, la dinamica di partecipazione. L’esperimento avviato con il progetto OCa (Opificio Carnevale), ha riavvicinato il mondo della Scuola, innestando un percorso di rilancio decisivo. E’ comunque chiaro per noi quanto festa sia sinonimo di partecipazione e quanto lavoro dovrà essere ancora fatto perché l’intera città torni a sentire il piacere del Carnevale. Non posso in proposito ignorare il malcontento avvertito da parte di alcuni gruppi mascherati, che quest’anno non hanno visto a pieno riconosciuto il proprio impegno: un impegno dagli esiti evidenti nella qualità e nella quantità delle presenze. Penso che avremmo potuto fare meglio: accudire meglio il loro sforzo, gestire meglio il sistema di valutazione. Il tema della festa non potrà trovare adeguato sviluppo, se non attraverso un più attento lavoro sul fronte della formazione e dell’associazionismo. Sono capitoli aperti che meriteranno cura e approfondimento, con particolare riguardo alla prossima tappa delle Propaggini. Questa straordinaria tradizione merita un tempo di preparazione meno convulso e soprattutto un’opera formativa che sappia rigenerarla coinvolgendo i giovani.
Ma è proprio nei momenti di maggiore stress e difficoltà che emerge chiarissimo il ruolo apicale della Cartapesta. Voglio cogliere questa occasione per ringraziare i maestri cartapestai, non solo per la qualità artigianale e artistica che esprimono, ma per quella umana: per la passione che, nonostante gli innumerevoli ostacoli, hanno saputo difendere e rilanciare.
Penso alla tempesta di sabato 2 luglio. Ad un incontro fatto sotto la pioggia, in grande solitudine (perché si è sempre soli in certi momenti). Penso al coraggio che hanno avuto e al rischio che hanno corso nell’accettare che le loro opere, già aggredite dall’acqua, restassero fuori tutta la notte, disponibili per il corso mascherato del giorno dopo. Portarle dentro i capannoni bagnate avrebbe compromesso definitivamente la possibilità di farle sfilare, ma le avrebbe salvate dal disfacimento nel caso di un nuovo probabile acquazzone. Penso che sia ingeneroso chi vede obbiettivi speculativi dietro il lavoro di queste persone, senza sapere a fondo cosa significhi occuparsi per mesi della costruzione di un gigante di carta: della cura maniacale di una bellezza effimera e tuttavia capace di far sognare migliaia di occhi sorpresi. Io devo molto a queste persone e al rispetto che mi hanno attribuito senza conoscermi: lo devo ai più accondiscendenti e ai più polemici, il cui mix comunque si rivela fondamentale nelle scelte.
E’ la cartapesta il motore principale del nostro Carnevale ed è principalmente per la cartapesta che in migliaia si muovono verso Putignano, ma sbaglia chi pensa che da sola basterebbe al successo dell’impresa: sbaglia chi sottovaluta il ruolo e dunque il costo di quanto l’accompagna. Si sprecano le polemiche sull’argomento: mi sono chiare le voci di chi sostiene che spendiamo troppo per la cartapesta e di quelli che ci dicono che spendiamo poco; le voci di chi sostiene che siamo troppo indulgenti con i cartapestai e di quelli che ci accusano di trascurarli. Sono voci che tendo a rispettare anche quando si fanno volgari (e succede spesso), perché sono un uomo di teatro e quando stai su di un palcoscenico non ti è dato di giudicare il tuo giudice. Ma sono voci che mi piacerebbe imparassero a conoscere meglio il nostro lavoro, le condizioni in cui si realizza, i nostri bilanci, le nostre scelte. Da parte nostra, sarà un dovere migliorare la comunicazione, l’accessibilità ad ogni
Siamo “Patrimonio d’Italia” non grazie ad un ingrediente, né solo grazie a una direzione artistica o ad una presidenza, ma per merito di una storia articolata e lunga che ci vede temporanei interpreti e che comprende lo sforzo di molti: dai più recenti giovanissimi collaboratori, che ci hanno aiutato nella gestione dell’ultima edizione (in tre); ai più vecchi che, dopo trent’anni, continuano ad arrampicarsi su un’impalcatura per saldare il braccio meccanico di un pupo.
Mi piacerebbe che tutti, avvertendo come un merito collettivo questo premio, questo essere riconosciuti “Patrimonio d’Italia” (ma anche i molti premi minuscoli attribuiti da quanti, ogni anno, ci scelgono come meta), sentano la responsabilità di questa impresa e non per rinunciare a critiche anche aspre, alla richiesta di più qualità, di più attenzione, ma per essere pienamente consapevoli del patrimonio coltivato, della sua preziosa e fragile complessità.
In due anni, nell’avvicendamento di due autorevoli presidenti, s’è mantenuta continuità e qualità d’indirizzo, con risultati importanti anche sul piano finanziario (per non citare quello politico, molto ben rappresentato dalla virtuosa alleanza di Comune, Provincia e Regione). Ora varrebbe la pena compiere uno sforzo per garantire questa continuità anche al lavoro, all’operatività, alla Fondazione come impresa: perché non resti succube dell’emergenza, ma maturi competenze organizzative, culturali ed economiche, consolidi pilastri e progetto, trovi nuove commesse e allarghi i propri orizzonti, trasformi la spesa in investimento e un premio prestigioso in rendita. Essere “Patrimonio d’Italia” è un riconoscimento, ma anche una responsabilità alla quale non ci si può sottrarre”.
direttore artistico della
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