Una passione adolescenziale repressa dai pregiudizi degli anni sessanta che rispunta dall’oblio e prende corpo nella maturità, come un fiore che si fa spazio vitale nell’asfalto e nasce spinto dalla forza della sua fragilità.
Protagonista è Lucia Tenzone, barese di nascita e turese di adozione, sposata e madre di due figli.
Oggi è l’espressione dell’“arte povera” a Turi. Come si evince dalle sue composizioni, eleva a pedagogia l’arte della semplicità.
Arte povera
“L’arte povera”, com’è noto, è un movimento artistico sorto ufficialmente a Genova nel 1967, quando si tenne la prima mostra alla galleria Bertesca.
Fa riferimento ai materiali che gli artisti poveri adoperavano.
Si tratta in particolare di materiali di risulta, ciottoli scolpiti dall’acqua e dal tempo, conchiglie, sassi, frammenti di mattonelle e piastrelle, legna, cortecce di alberi, ecc. ecc… Aveva soprattutto come obiettivo la contrapposizione all’arte tradizionale e la elaborazione di un linguaggio in grado di ridurre tutto all’essenziale, all’unicità.
Oggi è considerata la più importante avanguardia italiana della seconda metà del Novecento.
Merito principale è stato quello di ampliare le possibilità della pratica artistica aprendo l’opera a materiali che prima di allora non erano mai stati presi in considerazione, e quindi a significati fino al allora inespressi.
Scelta imposta
Lucia Tenzone, al tempo delle scelte, alla vigilia della tormentata stagione del terrorismo, avrebbe preferito frequentare il liceo artistico, un corso di studi che, secondo i pregiudizi del tempo, non garantiva in prospettiva il classico posto fisso che significava e significa ancora stipendio sicuro, come magistralmente rappresentato da Checco Zalone nel film “Quo vado?”.
Frequentò, in alternativa, un corso biennale di agricoltura.
Poi il trasferimento a Milano e a seguire a Turi per convolare a nozze con Vito Pascalicchio.
In quest’ultimo decennio, la vita le ha riservato tre drammi esistenziali, tre lutti non ancora del tutto metabolizzati, quelli del padre, del fratello maggiore e della sorella minore.
Intuizione salvifica
E’ in questo guado esistenziale che è maturata l’idea di investire parte del suo tempo nell’arte povera. E’ stata sufficiente una intuizione scaturita da una foto raffigurante una composizione con ciottoli di fiume con la scritta buongiorno inviatale anni fa, tramite la rete, da un suo parente.
L’intuizione si è trasformata in osservazione, curiosità intellettuale, voglia di mettersi alla prova, passione, e soprattutto amore per narrare e partecipare le proprie emozioni con la semplicità che la contraddistingue. Ora a Turi gestisce l’unica edicola, che ogni tanto ospita alcune delle sue composizioni.
Chissà cosa realizzerebbe se avesse a disposizione materiali di maggiori dimensioni e spazi adeguati. Chissà cosa avrebbe realizzato se avesse frequentato il liceo artistico. A queste domande non possiamo rispondere perché, purtroppo, non abbiamo la sfera di cristallo. Ci limitiamoci a dire, pertanto, che l’arte è una manifestazione del pensiero in tutta la sua varietà perché coniuga sapere e abilità, e non solo. Secondo il pensiero aristotelico: “nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu”, cioè, niente è nell’intelletto che prima non sia stato nei sensi”.
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