TURI – “Non si può rispondere all’odio con altro odio perché così si genererebbe una spirale di violenza senza fine”. Queste le parole che hanno concluso l’intervento di Franco Varini, ex partigiano, deportato nei lager di Dachau e Flossemburg e ospite, venerdì scorso, presso l’Istituto Tecnico Economico Statale “Sandro Pertini” di Turi. Alla presenza di tanti studenti, professori, dell’amministrazione comunale di Turi, degli assessori provinciali Onofrio Resta e Maria Rina, di autorità religiose e militari, le parole di Varini risuonavano come monito per far sì che ciò che è accaduto non si ripeta mai più. La giornata della memoria è ormai diventata un appuntamento fisso per l’istituto “Sandro Pertini” perché “ricordare, vedere le atrocità commesse dall’uomo sull’uomo – ha sottolineato nel suo intervento il prof. Osvaldo Buonaccino d’Addiego, organizzatore dell’evento – è fondamentale per le nuove generazioni per far sì che non si ripeta una nuova Auschwitz”. La prima parte della giornata è stata dedicata all’alfabeto dell’orrore: pensieri, immagini, parole e musica sull’orrore nazista. I ragazzi dell’istituto e alcuni professori hanno commentato immagini, letto pensieri di sopravvissuti che raccontavano la vita nei lager. Le immagini atroci di quello che accadeva nei campi di concentramento, le modalità con cui venivano sterminati i prigionieri, le frasi lette dai ragazzi hanno scosso gli animi dei presenti, soprattutto quella del signor Varini che non ha avuto la forza di guardare quello che è ancora un ricordo vivo nel suo cuore e nella sua mente. Al termine degli interventi dei ragazzi ha preso il via la testimonianza di Franco Varini in un crescendo di emozioni, sempre più dolorosa e intrisa di sofferenza man a mano che il racconto si spostava da Bologna ai campi di concentramento italiani e tedeschi. Le parole del testimone hanno consentito ai presenti di riflettere anche sulla dolorosa ferita della lotta partigiana, la guerra civile per la liberazione del nostro paese dalla dittatura nazi-fascista. Il signor Varini, infatti, ha militato in una formazione partigiana, la quinta brigata Otello Bonvicini divisione di Bologna, fino all’8 luglio del 1944 quando, a causa di una spia, fu denunciato e arrestato. Da quel momento in poi iniziò il calvario del giovane bolognese di appena diciassette anni, deportato prima a Fossoli, poi a Bolzano e infine a Flossemburg. “Lì capii – ha affermato Varini – che non ero più un uomo, potevo dimenticare di avere un nome ed un cognome. A Flossemburg, definito dai gerarchi nazisti fabbrica di morte, ero solo il numero 21.778”. Il racconto di Varini ha passato in rassegna alcuni episodi dell’atroce vita nel campo fino al momento della liberazione avvenuta tra l’aprile e maggio 1945 e il ritorno a casa.
Con Varini per non dimenticare
© Riproduzione riservata 11 Febbraio 2011
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