aggiornato il 18/06/2024 alle 15:16 da

La prima intervista al sindaco Giuseppe De Tomaso

Giuseppe De Tomaso è il nuovo sindaco di Turi. Fax lo ha incontrato per una prima intervista.

Sindaco De Tomaso, complimenti per il successo elettorale. Ha vinto per soli 121 voti, una vittoria ottenuta sul filo di lana. Si aspettava un percorso così difficile e una campagna elettorale intrisa di tanta cattiveria?

Sì, sapevo, sapevamo, che il percorso sarebbe stato assai difficile. Ci confrontavamo con un’amministrazione comunale in carica, che aveva gestito i fondi del Pnrr. Infatti, moltissimi sindaci reduci dal primo mandato sono stati riconfermati nelle consultazioni di una settimana fa. Inoltre, la mia candidatura era maturata, su sollecitazione delle diverse espressioni, che poi daranno vita alla lista “Turi volta pagina”, soltanto pochissimi mesi prima della scadenza della consiliatura. Non mi aspettavo, però, una campagna elettorale intrisa di tanta cattiveria. So che la battaglia politica da sempre non è un pranzo di gala. So, come diceva Churchill, che mai si dicono tante bugie come prima del voto, durante una guerra e dopo una partita di caccia. Ma, stavolta, credo che si sia oltrepassato il segno.

Perché? In che senso?

Si è verificata quella che gli anglosassoni definiscono character assassination, vale a dire demonizzazione, eliminazione morale di una persona, voglia di sconfiggere il concorrente screditandone la reputazione. Prima si è cominciato con la storia che non ero di Turi, io che ho sempre vissuto a Turi, identificandomi con il mio paese, tanto che a 36 anni sono stato onorato con il Premio Turi. Poi con la storia che lavoravo a Bari e che pertanto non conoscevo i problemi di Turi. Viceversa, non solo ho trascorso tutto il mio tempo libero a Turi, ma da direttore della Gazzetta del Mezzogiorno ho avuto modo di conoscere ancora meglio i problemi di Turi, della provincia e dell’intera regione. Poi, hanno inventato, basandosi su un risentimento personale approdato in rete, la storia che avrei addirittura determinato il “fallimento” della Gazzetta, io che nel 2019 ero stato pregato, come sanno pure le pietre e lo documentano giornali e tv, di ritirare la domanda per la pensione e di restare alla guida del quotidiano. Hanno voluto confondere l’editore con il sottoscritto. Semmai, era vero il contrario. In piena tempesta giudiziaria per l’editore, sono riuscito a dirigere il giornale, mantenendolo sempre al primo posto nella classifica dei più venduti in Puglia. Infine, hanno tirato fuori la storia che, dieci giorni fa, sarei stato il regista degli articoli di giornale sulle indagini in materia di sfruttamento della manodopera agricola, indagini che hanno visti coinvolti nomi assai vicini alla sindaca uscente.

Anche lei, però, è andato pesante, ripetendo in piazza, a mo’ di coro, il termine “Ignoranti”.

La mia è stata una reazione emotiva. Nel primo comizio dell’ultimo giorno di campagna elettorale, non solo non avevo fatto cenno all’inchiesta in corso sullo sfruttamento della manodopera agricola, ma anzi avevo dato indirettamente la mia solidarietà alle persone coinvolte, rifacendomi a un sacrosanto principio (presente in Costituzione) di civiltà giuridica: la presunzione di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio. Come ringraziamento, hanno insinuato che fossi l’artefice della diffusione di notizie sull’indagine in materia di sfruttamento agricolo. Forse ho reagito in preda all’istinto, con foga eccessiva e se è stato così, me ne scuso. Ma il mio “ignoranti”, rivolto a chi mi accusava, non di certo agli elettori turesi, partiva dal presupposto che non si può stravolgere la realtà, non si può parlare solo per accusare, non si può ribaltare la verità, né tanto meno si può mettere sotto processo mediatico chi non chiede altro che di documentarsi, di informarsi bene, di leggere. Comunque, ora è arrivato il momento di guardare avanti e di archiviare quanto è accaduto.

Il sindaco uscente non ha partecipato alla cerimonia dello scambio di consegne sul Municipio. Cosa pensa?

Non è il caso di giudicare. Ognuno agisce come meglio crede. Non voglio esprimere giudizi. Turi ha bisogno di pace e serenità.

Ora lei si accinge a nominare la nuova giunta. Quali criteri utilizzerà nella scelta degli assessori? Li sceglierà tra i consiglieri eletti sulla base dei consensi riportati o ricorrerà alle risorse presenti nelle università e/o negli istituti di ricerca? Si rivolgerà ad alcuni specialisti in grado di individuare le giuste soluzioni per i problemi legati alla città di Turi?

I criteri saranno quelli da me già indicati in qualche incontro pubblico, prima delle elezioni. Non si può prescindere dalla competenza, ma non si può trascurare il consenso. Non è detto, poi, che i due concetti siano sempre antitetici. Ovviamente, cercherò di giovarmi del sapere presente nelle università e nei centri di ricerche tutte le volte in cui ciò sarà necessario. La burocrazia comunale è sotto organico. Sarà inevitabile far tesoro del meglio presente nelle nostre università.

Lei ha promesso, in campagna elettorale, e nel comizio di ringraziamento, di far rinascere Turi. Ha parlato di trasparenza amministrativa, ma per realizzarla c’è bisogno di onestà di intenti e di una macchina amministrativa efficiente. Lei è a conoscenza che al Comune di Turi il personale in servizio è inferiore a quello che dovrebbe essere?

L’ho già accennato. Il personale burocratico è sotto organico. Va integrato attraverso i concorsi. Li attiveremo presto. La trasparenza amministrativa, che parte dai concorsi, è la precondizione del buongoverno. L’ho già esplicitato nel decalogo per la buona amministrazione che voi di Fax avete pubblicato poche settimane addietro.

Come farà allora a tenere sempre aperti gli uffici comunali alla luce di questa carenza di organico?

Troveremo le giuste soluzioni con il personale ora in carico. Intanto affretteremo i concorsi. L’orario di apertura degli uffici comunali non deve costringere i cittadini turesi a fare i salti mortali per interfacciarsi con la struttura.

Sindaco, lei ha promesso anche aree per gli insediamenti produttivi. Pensa di riuscire a realizzare almeno il 50% di quanto ha promesso?

Le aree produttive sono fondamentali per lo sviluppo. Pensi alla Zes unica per il Mezzogiorno, a cui Turi non potrà accedere perché sprovvista di aree produttive. Dobbiamo fare il massimo e anche qualcosa di più per rimediare a questa grave lacuna. Tutti i settori vanno messi in condizione di crescere. Nei paesi vicini, anch’essi come Turi ad alta vocazione agricola, sono sorte importanti imprese ad alta produzione tecnologica. Perché Turi non dovrebbe essere capace di fare altrettanto? Idem per gli altri settori. Noi cercheremo di realizzare l’intero programma.

Ha promesso interventi per il welfare e la sanità. Si tratta di sogni che si possono realizzare o di mere promesse elettorali?

No. Non si tratta di promesse elettorali. Nel welfare Turi è assai indietro, come dimostra la vicenda dell’asilo nido di via Mola, non ancora in funzione. Il poliambulatorio turese deve trasformarsi in casa di comunità, con medici di base, specialisti e infermieri in grado di costituire un gruppo curante per garantire l’assistenza domiciliare. Otto casi su dieci, approdati ai Pronto Soccorso, possono essere affrontati nelle residenze domestiche. Dovremo rivendicare questo tipo di casa di comunità, o di casa della salute.

Quali sono i provvedimenti che intende adottare nei primi cento giorni di amministrazione?

Potenziamento del cimitero, risoluzione della questione dei passaggi a livello, avvio della sanità territoriale: sono questi i primi temi concreti che affronteremo.

C’è qualcosa che non le ho chiesto e che vorrebbe dire ai turesi?

Vorrei dire loro che tutti saranno consultati sui temi chiave per lo sviluppo, che trasmetteremo in diretta le nostre sedute consiliari, che concepiremo il Comune come una casa di vetro, che non ci saranno figli e figliastri nelle scelte dell’amministrazione. Vorrei dire infine di fare attenzione alla dittatura dei social, dove spesso campeggiano posizioni improntate a odio e falsità. Una società avvelenata non è mai destinata a un fulgido avvenire. “Un tempo, – come scrive lo studioso Mauro Barberis – per impadronirsi del potere le teste calde ricorrevano a sanguinosi colpi di stato. Ora non ce n’è più bisogno: c’è Facebook. Intolleranza, fanatismo, servilismo, tutto questo non fa bene alla democrazia. A occhio, la uccide”. C’è poco da aggiungere. Anche una piccola comunità come Turi può rimanere prigioniera della dittatura del web. I social sono una conquista di modernità, ma il loro abuso è una pratica di tribalità. L’opposto di una democrazia moderna,

© Riproduzione riservata 18 Giugno 2024

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